Il pavimento che copre la Chiesa è il più antico nel suo genere del Sud Italia databile intorno al 1098: il litostrato è composto da 50 riquadri, i motivi più complessi sono distribuiti lungo l’asse centrale che dal portone di ingresso conduce fino alle scale che ascendono al presbiterio.
I riquadri sono arricchiti di elementi di forme geometriche, ruote, dischi spesso legati tra loro da fasce marmoree. Non si escludono, nei disegni, messaggi biblico-teologici.
Nel corso del tempo il pavimento ha risentito di manomissioni come quella del 1361 quando fu consentita la sepoltura del giovane Antonio de Tramonto, abate di Benevento. La fondazione della Chiesa di San Menna è legata alla figura di Roberto, conte normanno di Alife, Caiazzo e Sant’Agata de’ Goti, vissuto tra il 1065 circa e il 1115, che ereditò il titolo alla morte del padre Rainulfo, avvenuta intorno al 1087. La storia dell’edificio è connessa poi con le vicende che indussero il conte al trasferimento a Sant’Agata de’ Goti, delle reliquie di San Menna. Il santo eremita Menna era stato un uomo selvatico e pio, vissuto ai tempi dei Longobardi in una grotta nei boschi del monte Taburno.
Venerato perché col suo bastone faceva sgorgare un’acqua miracolosa che ridava il latte alle madri.
Non si conosce la data di fondazione della Chiesa, né la data del suo completamento.
Una lapide con epigrafe, oggi murata nella parete destra dell’ingresso, attesta che il 4 Settembre 1110 la Chiesa fu consacrata in onore del Salvatore, della Santa Vergine Maria, della Santa Croce, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e di San Menna. Il documento epigrafico ribadisce una sua fondazione da parte del conte Roberto, che l’avrebbe poi donata all’autorità della Chiesa romana.
Dove si trova
Destinazione originaria
Cappella dedicata a San Pietro
Destinazione attuale
Chiesa di San Menna o San Mennato
La Chiesa del Carmine nell’omonima piazza è in un punto nevralgico nel centro storico, a metà strada tra il Castello Ducale e la Cattedrale.
La Chiesa è realizzata secondo i canoni dell’arte gotica e ha subito nel tempo modifiche ampliative e significative deturpazioni.
Quasi a voler mettere in evidenza la sua sontuosità, l’atrio, ancora oggi, costituisce una specie di cesura nell’impianto urbanistico della città.